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Di Piero Bosio
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Diario di bordo – Installazione di Kali Linux in Virtual Machine

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    #1

    Diario di bordo – Installazione di Kali Linux in Virtual Machine

    Stamattina non era un sogno, ma una scelta inevitabile: separare i mondi.
    Kali in gabbia virtuale, Debian Trixie libera sul ferro.
    Ordine nel caos. Equilibrio tra luce e ombra.


    Capitolo 1 – La nascita della macchina

    Creo la VM come un artefice plasma la sua arma.
    VirtualBox è l’incudine, Kali la lama incandescente.
    Ram: 16 GB. Disco: 500 GB. Processore: i7 ottava generazione.
    Non un giocattolo, ma un laboratorio arcano.

    Un lamer cosa avrebbe fatto?
    Avrebbe installato Kali direttamente sul PC principale, piallando Debian come un elefante in cristalleria.


    Capitolo 2 – Il patto con le interfacce

    Due schede dedicate solo a Kali.
    Una chiavetta Bluetooth e una wi-fi dual band pronte a combattere.
    E le schede interne restano a Debian, serene, non contaminate.
    Soldati in due eserciti che non si pestano i piedi.

    Un lamer?
    Avrebbe buttato tutto nello stesso calderone, confondendo driver e connessioni.
    Poi gridato: “non funziona più il WiFi!”


    Capitolo 3 – La separazione degli universi

    Kali isolata nella sua dimensione virtuale.
    Debian Trixie resta custode dei server, limpida, immacolata.
    Un portale tra i mondi: la VM.
    Equilibrio perfetto: sperimentare senza distruggere.

    Il lamer invece…
    Avrebbe cliccato “Avanti → Avanti → Fine” senza leggere nulla.
    E si sarebbe ritrovato con errori rossi come cicatrici permanenti.


    Capitolo 4 – Il colpo di scena

    Le periferiche USB passano di mano: attach, detach, enable.
    Un click e le schede diventano di Kali.
    Un altro click e Debian respira, libera.
    Il confine è netto, come una spada che taglia l’acqua.

    Il lamer?
    Avrebbe lanciato il comando sbagliato e spento tutto.
    Poi su Google: “Perché il mio PC non si accende più???”


    Epilogo – Hacker vs Lamer

    Oggi ho scelto la via dell’ordine.
    Due mondi separati: Debian per lavorare, Kali per sperimentare.
    Ho sorriso davanti al terminale, vedendo tutto andare al suo posto.

    Il vero hacker sa distinguere, organizzare, isolare.
    Il lamer no: mischia, rompe, si incasina, e alla fine formatta disperato.

    La differenza è lì: nel rispetto delle regole invisibili.
    Non fare macerie, ma costruire strumenti.


    Finale

    Oggi il terminale non era rosso.
    Era verde.
    SUCCESS. 😌


    Non è semplice, è faticoso, richiede calma e tempo, ma impari tanto, ne vale la pena.🙏

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