Diario di bordo – Installazione di Kali Linux in Virtual Machine
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Diario di bordo – Installazione di Kali Linux in Virtual Machine
Stamattina non era un sogno, ma una scelta inevitabile: separare i mondi.
Kali in gabbia virtuale, Debian Trixie libera sul ferro.
Ordine nel caos. Equilibrio tra luce e ombra.Capitolo 1 – La nascita della macchina
Creo la VM come un artefice plasma la sua arma.
VirtualBox è l’incudine, Kali la lama incandescente.
Ram: 16 GB. Disco: 500 GB. Processore: i7 ottava generazione.
Non un giocattolo, ma un laboratorio arcano.Un lamer cosa avrebbe fatto?
Avrebbe installato Kali direttamente sul PC principale, piallando Debian come un elefante in cristalleria.Capitolo 2 – Il patto con le interfacce
Due schede dedicate solo a Kali.
Una chiavetta Bluetooth e una wi-fi dual band pronte a combattere.
E le schede interne restano a Debian, serene, non contaminate.
Soldati in due eserciti che non si pestano i piedi.Un lamer?
Avrebbe buttato tutto nello stesso calderone, confondendo driver e connessioni.
Poi gridato: “non funziona più il WiFi!”Capitolo 3 – La separazione degli universi
Kali isolata nella sua dimensione virtuale.
Debian Trixie resta custode dei server, limpida, immacolata.
Un portale tra i mondi: la VM.
Equilibrio perfetto: sperimentare senza distruggere.Il lamer invece…
Avrebbe cliccato “Avanti → Avanti → Fine” senza leggere nulla.
E si sarebbe ritrovato con errori rossi come cicatrici permanenti.Capitolo 4 – Il colpo di scena
Le periferiche USB passano di mano: attach, detach, enable.
Un click e le schede diventano di Kali.
Un altro click e Debian respira, libera.
Il confine è netto, come una spada che taglia l’acqua.Il lamer?
Avrebbe lanciato il comando sbagliato e spento tutto.
Poi su Google: “Perché il mio PC non si accende più???”Epilogo – Hacker vs Lamer
Oggi ho scelto la via dell’ordine.
Due mondi separati: Debian per lavorare, Kali per sperimentare.
Ho sorriso davanti al terminale, vedendo tutto andare al suo posto.Il vero hacker sa distinguere, organizzare, isolare.
Il lamer no: mischia, rompe, si incasina, e alla fine formatta disperato.La differenza è lì: nel rispetto delle regole invisibili.
Non fare macerie, ma costruire strumenti.Finale
Oggi il terminale non era rosso.
Era verde.
SUCCESS.Non è semplice, è faticoso, richiede calma e tempo, ma impari tanto, ne vale la pena.
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